In questi mesi abbiamo sentito parlare o letto, almeno una volta, della cosiddetta “Certificazione della Parità di Genere”, ma di cosa si tratta? È una misura che si inserisce nelle azioni previste dal PNRR a titolarità del Dipartimento per le Pari opportunità e discende direttamente da uno degli obiettivi trasversali del Piano, la riduzione dei divari di genere (gli altri sono la riduzione dei divari territoriali e dei divari generazionali).
Questo intervento nasce per promuovere una migliore inclusione delle donne nel mercato del lavoro, oltre che, chiaramente, assicurare una maggiore qualità del lavoro femminile. Attraverso il sistema di certificazione, il nostro Paese ha voluto e vuole accompagnare le imprese ad una maggiore attenzione all’occupazione femminile, al “gender gap” e alle numerose opportunità e possibilità di crescita nel pieno rispetto dei loro diritti.
Però ora vediamo, più nello specifico, perché e a cosa serve la certificazione di parità di genere. Prima di tutto, le imprese interessate alla certificazione di genere devono richiederla a specifici organismi terzi che valutano il rispetto di determinati requisiti, previsti dalle linee guida del UNI/PdR 125:2022.
Questo prevede che le imprese rispettino alcuni elementi, in relazione a 6 aree di valutazione, così da poter contraddistinguere un’organizzazione realmente inclusiva e rispettosa:
Cultura e strategia;
Governance;
Processi Human Resources;
Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda;
Equità remunerativa per genere e Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
Il rispetto di questi indicatori, valutati da un ente accreditato, permette di ottenere la certificazione di parità di genere di durata triennale.
Per promuovere l’adozione di questo meccanismo sono stati previsti alcuni elementi di premialità per le imprese:
esonero dal versamento di una percentuale di contributi previdenziali a carico del datore di lavoro;
punteggio premiale per le aziende in possesso della certificazione ai fini della concessione di aiuti di Stato;
riconoscimento di un maggiore punteggio, in materia di appalti e contratti pubblici.
Secondo i dati resi attualmente pubblici, si può affermare che la misura sta producendo i suoi primi effetti. Come affermato dalla Ministra Eugenia Roccella, durante il Festival del Lavoro, le imprese ad oggi certificate sono 1800, superando perciò l’obiettivo fissato del 2026. In realtà c’è ancora molto da fare, soprattutto sul capitolo riguardante le Pmi, che hanno bisogno di ulteriori stimoli e aiuti per accedere alla certificazione, nonostante negli ultimi anni siano stati previsti diversi avvisi pubblici che permettono alle piccole e medie aziende di sostenere i costi di accompagnamento e assistenza tecnica per ottenere la certificazione.
Gli sforzi finora compiuti pongono l'Italia al primo posto in Europa nella classifica dei paesi che hanno adottato la certificazione aziendale per le imprese, secondo un recente Rapporto del gruppo dei Socialisti europei. È abbastanza chiaro che senza l'incentivo del PNRR non avremmo raggiunto un risultato simile.
Ora è opportuno non accontentarsi, visto che la certificazione riguarda solo una porzione limitata del mercato. Come segnala il più recente Report dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere - Gender Equality Index Report - il nostro Paese è ancora al di sotto della media europea, con un punteggio di 65/100 (Paesi più virtuosi: Svezia, Olanda si attestano rispettivamente all’83,9/100, 77,8/100) e con una marcata differenza in negativo sull’indicatore relativo al lavoro, rispetto al quale siamo addirittura all’ultimo posto.
Insomma, c'è ancora molto da fare per una piena e reale parità di genere nel mondo del lavoro italiano. Noi di Skills, nel nostro piccolo, proviamo a fare la nostra parte.