È stato di recente presentato il Rapporto AlmaLaurea 2024, con dati e indicazioni interessanti sulla condizione dei giovani laureati in Italia. La rilevazione ha coinvolto circa 300mila giovani, restituendo una attenta e approfondita fotografia sul profilo dei ragazzi che si iscrivono all’università, ma, allo stesso tempo, sono stati analizzati i risultati occupazionali e retributivi di più di 600mila persone ad uno, tre o cinque anni dalla laurea.
Un dato che salta subito all’attenzione riguarda la problematica dell’accesso all’istruzione per quelle famiglie e ragazzi che provengono da una situazione economica non agiata o con bassi titoli di studio. Nel complesso della popolazione maschile italiana fra i 45 e i 64 anni, che si può eleggere a fascia di età di riferimento dei padri dei laureati, il 14,6% possiede un titolo di studio universitario. Ma fra i padri dei laureati esaminati da AlmaLaurea tale quota è più elevata e pari al 21,1%.
Nello specifico, infatti, persiste ancora la dinamica per la quale il titolo si "trasmette" di padre in figlio: il 20,3% completa gli studi nello stesso gruppo disciplinare di uno dei genitori, ma tale quota sale al 37,8% tra i laureati magistrali a ciclo unico, ossia all’interno delle lauree che portano più frequentemente alla libera professione (raggiungendo il 42,3% tra i laureati del gruppo medico e farmaceutico e il 39,9% in quello giuridico).
L’iscrizione ai percorsi a ciclo unico comporta inevitabilmente una previsione di investimento di durata maggiore rispetto alle lauree di primo livello, investimento che spesso proseguirà con ulteriori corsi di specializzazione e che frequentemente soltanto coloro che provengono da un’estrazione sociale elevata - e magari con genitori occupati nello stesso settore professionale - possono permettersi.
Un dato negativo riguarda l'occupazione. Secondo le rilevazioni, nel 2023, il tasso di occupazione è diminuito rispetto all’anno precedente. Nel dettaglio, esso è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 75,7% tra i laureati di secondo livello del 2022. A cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione è pari al 93,6% per i laureati di primo livello e all’88,2% per quelli di secondo livello.
Questi dati riflettono, purtroppo, una situazione salariale non facile, che sta risentendo di forti livelli di inflazione. Come raccontato nel rapporto, oggi un giovane laureato, a un anno dal titolo, percepisce circa 1300 euro al mese. Ma ancora, sempre in calo rispetto agli anni precedenti, a cinque anni dal titolo, la retribuzione mensile netta è pari a 1.706 euro per i laureati di primo livello e a 1.768 euro per quelli di secondo livello.
Dati occupazionali che vanno letti anche alla luce di un nuovo approccio al mondo del lavoro da parte di giovani e ragazzi.
I laureati sono sempre meno disponibili ad accettare lavori a basso reddito o non in linea con il proprio percorso formativo: poco più del 30% dei laureati di primo e secondo livello accetterebbe uno stipendio mensile di 1250 euro.
L’indagine di AlmaLaurea ci consente di sottolineare, ancora una volta, l’importanza e la necessità da parte dei giovani italiani di dare rilevanza ad una vita qualitativamente migliore e ad aspetti ritenuti un tempo secondari, come il tempo libero o la flessibilità. I ragazzi italiani, al termine di un percorso di studio e impegno, chiedono insomma uno stipendio dignitoso e in linea con i propri coetanei europei.