Le trasformazioni demografiche e occupazionali richiedono un approccio innovativo e strumenti efficaci. In assenza di interventi mirati, il rischio è un progressivo declino della capacità di sviluppo, competitività, produzione di ricchezza e sostenibilità del sistema sociale italiano.
Attualmente, l’Italia registra un indice di dipendenza degli anziani (il rapporto tra persone con più di 65 anni e la popolazione attiva tra i 20 e i 64 anni) superiore al 40%, ben 14 punti sopra la media dell’Unione Europea. Questo significa che ogni lavoratore deve sostenere un numero crescente di anziani, con ripercussioni dirette su produttività e sostenibilità del welfare. Tuttavia, il problema principale non è solo l’aumento degli anziani, ma soprattutto la riduzione della popolazione in età lavorativa.
L’indice di dipendenza economica, che misura il rapporto tra pensionati e occupati tra i 20 e i 64 anni, ha superato il 60%, posizionandosi anch’esso ben al di sopra della media europea. Questa situazione è il risultato di una combinazione di fattori, tra cui una maggiore longevità, ma soprattutto il calo della popolazione attiva, in progressiva contrazione da anni.
Particolarmente preoccupante è il calo della forza lavoro nella fascia d’età 35-49 anni, tradizionalmente centrale nella vita lavorativa. Dal 2014 al 2024, la popolazione maschile di questa fascia è passata da oltre 7 milioni a meno di 5,7 milioni, e le previsioni indicano un ulteriore calo nei decenni a venire. Al contrario, la fascia over 45 continua a registrare un aumento dell’occupazione.
Di fronte a questo scenario, emergono due direttrici di intervento fondamentali:
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Favorire l’ingresso nel mondo del lavoro di giovani e donne
Donne e giovani, pilastri dello sviluppo nei Paesi più dinamici, in Italia continuano a essere sotto-occupati. Gli occupati tra i 25 e i 34 anni sono scesi da 6 milioni a circa 4,2 milioni, con un tasso di occupazione ancora al di sotto della media europea. In particolare, nella fascia 15-24 anni, il tasso di occupazione è passato dal 27% del 2004 al 20% del 2023, mentre nella fascia 25-34 anni, il tasso è sceso dal 70% al 68%.
Anche per le donne, soprattutto quelle tra i 35 e i 49 anni, la situazione è critica. Con un tasso di occupazione al 65%, l’Italia si colloca 10 punti sotto la media europea.
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Accogliere e formare i lavoratori migranti
L’immigrazione rappresenta una risposta immediata e necessaria alla carenza di manodopera causata dai fattori demografici. Favorire flussi migratori regolari, che includano percorsi di formazione nei Paesi di origine o di riqualificazione in Italia, può garantire una migliore integrazione e un utilizzo più efficace del capitale umano immigrato.
Nonostante le difficoltà, il nostro Paese ha ancora margini significativi di crescita. È necessario però un cambio di mentalità che coinvolga sia le istituzioni sia le aziende. Valorizzare appieno giovani, donne e migranti è una scelta strategica imprescindibile.
Come evidenziato nel rapporto CNEL, l’Italia ha storicamente sottoutilizzato queste tre categorie di capitale umano: investire su di esse, combinando politiche attive e l’uso delle nuove tecnologie, è la chiave per sostenere l’economia italiana nei decenni a venire.